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- Dal 2016, i contenuti IA hanno superato quelli umani su Internet.
- Uno studio del 2018 su Nature rileva che i bot hanno diffuso informazioni non affidabili tra il 2016 e il 2017.
- Le immagini IA su Facebook mostrano contenuti assurdi come 'Shrimp Jesus' e bambini mutilati, suscitando reazioni insensate.
Utilizzare Facebook nel 2024 è un’esperienza profondamente diversa rispetto a pochi anni fa. Molti account di “amici” sono fermi o inutilizzati, e le pagine che si seguivano non compaiono più nelle bacheche con la stessa frequenza. Le notizie giornalistiche sono scomparse, e lo stesso vale per i link esterni. Spesso, nel feed spuntano strane pagine con immagini bizzarre, realizzate con l’intelligenza artificiale generativa. Diverse testate internazionali hanno parlato dell’invasione di questi contenuti generati con IA.
Un esempio lampante di questo fenomeno è rappresentato da immagini di bambini e bambine, spesso con mutilazioni, ai lati della strada, tra baracche o in riva al mare, che chiedono agli utenti di festeggiare il loro compleanno donando soldi. Oltre a questi post macabri, sono molto gettonati quelli che mostrano case di lusso inesistenti o false sculture in legno di Mark Zuckerberg e Gesù Cristo. Esiste anche un filone di illustrazioni di Cristo generate con l’IA che sconfina nell’assurdità totale: in alcune immagini, Gesù è ritratto su uno yacht con donne in abiti succinti, in altre ha fattezze di una statua fatta di bottiglie di plastica o uova, e in altre ancora il suo corpo ha la forma di un gamberetto o altri crostacei. Quest’ultima immagine è stata diffusa su altre piattaforme, diventando un meme noto come “Shrimp Jesus” o “Gesù gamberetto”. I commenti sotto i post rendono il tutto ancora più insensato, con una sfilza di “amen” ed emoji di mani giunte in preghiera, postati da account falsi.
La Teoria dell’Internet Morto
Il fenomeno del “Gesù gamberetto” fa parte di una realtà più ampia e seria, descritta con l’espressione “AI slop” – una sorta di “brodaglia dell’intelligenza artificiale”. In questa “brodaglia IA” rientrano le illustrazioni di Facebook e le “allucinazioni” dell’intelligenza artificiale di Google (AI Overviews), che consiglia di mettere la colla nella pizza o mangiare un sasso al giorno per restare in salute, e sostiene che Batman è un poliziotto.
L’aumento esponenziale della “brodaglia IA” ha alimentato la cosiddetta “teoria dell’Internet morto” (Dead Internet Theory). Secondo questa teoria, i contenuti prodotti da bot e intelligenza artificiale hanno superato quelli generati dagli esseri umani. Dal 2016 (o 2017), Internet sarebbe un luogo gestito dalle macchine, sfuggito al controllo umano. Questa teoria, menzionata in un articolo su Forbes, ha iniziato a circolare alla fine degli anni Dieci su canali imageboard come 4chan, diventando nota soltanto nel 2021, quando un utente l’ha rilanciata nel forum Agora Road’s Macintosh Cafe.
Non esistono dati concreti che dimostrino la validità di questa teoria, ma essa si basa su una verità: la discussione pubblica sui social network è influenzata da bot e contenuti falsi generati con l’IA. Nel 2018, uno studio su Nature ha rilevato che i bot hanno avuto un ruolo cruciale nella disseminazione su Twitter di articoli e informazioni non affidabili tra il 2016 e il 2017. L’anno successivo, un altro studio su Nature ha dimostrato che la discussione sulle sparatorie di massa su Twitter è avvelenata dai bot. Recentemente, reti di bot e account fasulli sono stati impiegati in operazioni di disinformazione per screditare l’Ucraina e figure politiche come il presidente Volodymyr Zelensky, promuovendo narrazioni filorusse.
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La “Zombificazione” di Internet
La strategia di utilizzare account falsi è stata impiegata clandestinamente anche dall’esercito degli Stati Uniti, che all’apice della pandemia di Covid-19 ha diffuso propaganda antivaccinista nel Sud-Est asiatico per contrastare la “diplomazia vaccinale” cinese, nel tentativo di attirare Paesi nell’orbita di Pechino. Gli account falsi avevano preso di mira il vaccino dell’azienda farmaceutica cinese Sinovac, le mascherine e altri dispositivi sanitari provenienti dalla Cina. Su Facta, l’intelligenza artificiale è stata usata per scrivere centinaia di articoli e riempire falsi siti di notizie, rendendoli credibili e veicolando storie inventate.
La “teoria dell’Internet morto” è una critica metaforica alle grandi piattaforme, accusate di aver rinchiuso Internet in “giardini recintati” e di aver corrotto l’idea originaria di una rete libera e accessibile a chiunque. Qualche anno fa, l’inventore del World Wide Web, Tim Berners-Lee, ha detto: “Il web che c’è adesso non è quello che volevamo”.
Per il giornalista Jason Koebler – cofondatore di 404 Media ed esperto di cultura digitale – il concetto di “Internet morto” è fuorviante e non adatto a descrivere la reale situazione della Rete, che è peggiore di un sistema in mano alle macchine. In un recente articolo, il giornalista ha spiegato che si tratta di una “zombificazione” di Internet. La “brodaglia IA” è generata con l’intelligenza artificiale, ma i fruitori rimangono persone in carne e ossa che hanno la capacità di distinguere un contenuto vero da uno falso. Tuttavia, prosegue Koebler, questo ha un “impatto su come le persone utilizzano Facebook e su come percepiscono la realtà”.
Riempire la piattaforma di immagini come quella di Gesù a forma di gamberetto è una tattica per sfruttare l’algoritmo di Facebook, inondando i feed delle persone per far crescere le pagine. Uno studio su 120 pagine, pubblicato lo scorso marzo dalla ricercatrice Renee DiResta e dal collega Josh A. Goldstein, ha evidenziato che le motivazioni sono prettamente economiche. L’obiettivo finale di queste pagine che generano immagini è portare le persone verso siti che vendono prodotti di vario tipo. Il risultato, scrive Koebler, è un sito alla deriva, senza reali connessioni sociali. Un miscuglio di “bot che parlano con bot, bot che si rivolgono agli esseri umani, umani che interagiscono con contenuti creati dai bot, account che una volta erano umani ma ora sono bot, e umani preoccupati che il loro interlocutore sia un bot”. Il social non è completamente morto, ma non è del tutto vivo. È una piattaforma “zombie”, secondo alcuni analisti. In assenza di contromisure efficaci, altri siti rischiano di fare la stessa fine.
Bullet Executive Summary
In conclusione, la “zombificazione” di Internet rappresenta una sfida complessa e multifattoriale che coinvolge l’intelligenza artificiale, la disinformazione e l’economia delle piattaforme digitali. La nozione base di intelligenza artificiale correlata al tema principale dell’articolo è la generazione di contenuti, che permette di creare testi, immagini e video in modo automatico. Questo fenomeno ha portato alla proliferazione di contenuti falsi e fuorvianti, influenzando la percezione della realtà degli utenti.
Una nozione avanzata di intelligenza artificiale applicabile al tema dell’articolo è il deep learning, una tecnica che permette ai modelli di IA di apprendere da grandi quantità di dati per migliorare la loro capacità di generare contenuti realistici. Tuttavia, l’uso indiscriminato di queste tecnologie può portare a conseguenze negative, come la diffusione di disinformazione e la perdita di fiducia nelle piattaforme digitali.
La riflessione personale che emerge da questa analisi è che, sebbene l’intelligenza artificiale offra enormi potenzialità, è fondamentale sviluppare e implementare contromisure efficaci per garantire che le piattaforme digitali rimangano spazi sicuri e affidabili per la comunicazione e l’informazione. Solo così potremo preservare l’utopia di un Internet libero e accessibile a tutti, evitando che diventi una “brodaglia” di contenuti senza valore.
- Sito ufficiale di Meta AI, per approfondire sulla strategia della società per quanto riguarda l'intelligenza artificiale e i contenuti generati da AI
- Informazioni ufficiali di Google sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale nei risultati di ricerca
- Sito ufficiale di Meta, dove Mark Zuckerberg ha espresso la sua visione sull'intelligenza artificiale e l'importanza dell'open source AI per il futuro del web