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Esplosivo: l’intelligenza artificiale sta ridefinendo la guerra e la nostra sicurezza

Scopri come le Big Tech stanno trasformando il campo di battaglia e le implicazioni etiche di questi avanzamenti senza precedenti.
  • Le Big Five e Nvidia hanno guadagnato circa 197 miliardi di dollari su un fatturato superiore al trilione nel 2020.
  • Nel progetto Nimbus del 2021, Google e Amazon mirano a fornire infrastrutture AI al governo israeliano.
  • A Gaza, 2024, l'uso dell'AI ha portato a 34mila morti, di cui il 95% civili, con un'accuratezza di target del solo 25%.

L’intelligenza artificiale è la rivoluzione. Quella che cambierà – sta già cambiando – l’economia, il marketing, l’arte, la medicina e, più in generale, qualsiasi campo che ne vedrà l’applicazione. Ma, come sosteneva Fidel Castro, “la rivoluzione non è un letto di rose” e, nonostante possa – e dovrebbe – essere in grado di garantire uno sviluppo senza pari, oltre a ridistribuire risorse e ricchezza, a oggi l’intelligenza artificiale si sta concretizzando all’interno di sogni per pochi, sconvenienti per molti, con un unico e sempre più lampante obiettivo: garantire, e quanto prima, una supremazia basata su dati e algoritmi, la stessa supremazia che continua a governare il mondo facendo leva su una retorica trita e ritrita, ovvero la nostra sicurezza.

Sullo sfondo, quel che resta delle macerie del conflitto in Ucraina, della polveriera esplosiva della striscia di Gaza e una tra le meno entusiasmanti campagne elettorali per la corsa alla presidenza degli Stati Uniti. Mentre giochiamo con avanzatissimi chatbot, da subito ben più indispensabili di Siri o Alexa, mentre postiamo sui social qualcosa che plachi le aspettative dei nostri follower – non importa se pochi – che dimostri, ancora una volta, quanto è facile aderire a qualsiasi causa comodamente dal divano di casa, sembrerebbe più adeguato, invece, domandarsi se l’AI sia effettivamente la nuova atomica.

Il Potere delle Big Tech e la Corsa agli Armamenti

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Parlando di intelligenza artificiale, è necessario, prima di valutare la sua applicazione in ambito militare – mercato sempre fiorente e in grado di ripianare qualsiasi crescita attesa ma mancata – andare a dissezionare i suoi creatori, le big tech, e le minacce di cui sono portatori. Alle storiche cinque (Meta, Alphabet, Amazon, Apple e Microsoft) se ne aggiunge una sesta, proprio grazie alla vertiginosa ascesa dell’AI: si tratta di Nvidia Corporation. Le Big Five hanno guadagnato circa 197 miliardi di dollari su un fatturato superiore al trilione nel 2020, mentre la loro capitalizzazione di mercato è salita a 7,5 trilioni alla fine dell’anno.

Ci troviamo così a fare i conti con una nuova epoca, quella del tecno-feudalesimo, dove questi giganti hanno paradossalmente sovvertito alcune logiche del capitalismo modificando così profondamente l’economia da renderla simile al vecchio sistema feudale medievale europeo: le big tech sono i signori e tutti gli altri i contadini che lavorano le loro terre per poco in cambio. Eppure, i servizi che ne hanno decretato il successo si rivelano sempre più condizionati da un’indomabile capitalizzazione della pubblicità. Al tempo stesso la loro crescita, apparentemente inarrestabile, anche a fronte di condizioni macro-economiche complesse e spesso sfavorevoli, ha rallentato rapidamente, portando alla perdita di migliaia di posti di lavoro e alla discesa delle quotazioni in borsa.

Per far fronte a questa situazione, hanno fatto ricorso all’identificazione della “next big thing” – in grado, finalmente, di soddisfare investitori e azionisti e di avviare la risalita. L’AI, i cui guadagni stanno già decretando una differenza sensibile per questi giganti tanto da far, imprudentemente (deliberatamente?), dimenticare dei rischi di cui rimprovera il capo delle Nazioni Unite: “disprezzo per i diritti umani, la privacy e l’impatto sulla società”, e non risultano trascurabili neppure gli impatti ambientali.

Cosa ne pensi?
  • 🔍 Un'occasione straordinaria di innovazione che non possiamo ignorare......
  • ⚠️ I rischi di una corsa agli armamenti senza controllo......
  • 🤔 Un nuovo medioevo tecnologico? Proviamo a guardarlo da un'altra prospettiva......

La Guerra Intelligente: Dalla Desert Storm a Gaza

La prima volta che l’aggettivo “intelligente” viene associato al gergo bellico è nel 1991. Si tratta dell’operazione Desert Storm contro l’Iraq di Saddam Hussein e si battezzano, in televisione e sul campo, le bombe intelligenti. La guerra è sempre la stessa cosa, è la sua narrazione che cambia: il Segretario della Difesa americana afferma, infatti, che gli Stati Uniti stiano, con la Guerra del Golfo, “guidando il mondo verso la tecnologia avanzata”, mentre la stampa celebra il prodigio tecnologico. Poco importa se meno del 10% delle bombe riversate su Iraq e Kuwait siano “smart”. Si finanziano progetti per lo sviluppo di una reale egemonia in questo campo.

È il caso del progetto Maven, lanciato nel 2017, con l’obiettivo di sviluppare e integrare gli algoritmi necessari alle operazioni contro il terrorismo, secondo il Pentagono. Secondo lo stesso Dipartimento della Difesa, in persona del colonnello dei Marines a capo dell’Algorithmic Warfare Cross-Function Team, proprio i Big Five starebbero partecipando alla corsa agli armamenti nell’AI, tanto che il presidente esecutivo dell’odierno Alphabet inizia, da quel momento, a definire Google (i cui dipendenti firmano una petizione per interrompere il progetto) un’azienda di intelligenza artificiale e non una società di dati.

Di nuovo Google, con Amazon stavolta, di nuovo un progetto speciale: siamo nel 2021 e parliamo di Nimbus. L’obiettivo: fornire infrastrutture di cloud computing e AI al governo israeliano. Successivamente, con la Cina a incalzare attraverso investimenti ingenti e sviluppo di sistemi sofisticati quasi quanto quelli americani, si è reso sempre più necessario un cambio di passo con un’applicazione in grado di rivelare di più sull’impiego sistematico dell’intelligenza artificiale nelle operazioni belliche.

Ucraina, 2022. Il Ministro della Trasformazione Digitale afferma: “La nostra grande missione è fare dell’Ucraina il laboratorio mondiale per la ricerca e lo sviluppo tecnologico”. Palantir Technologies è così desiderosa di mostrare le proprie capacità che le fornisce gratuitamente – si riconosce, senza nemmeno un’eccessiva mistificazione, il ruolo salvifico e altruistico che l’AI giocherà, stavolta, contro l’aggressore russo. Quello che secondo Steve Blank, co-fondatore del Gordian Knot Center for National Security Innovation presso l’Università di Stanford, passa un po’ più in secondo piano è che si tratta della prima volta in cui la reale potenza di fuoco risiede nelle mani di privati e non di governi per definizione responsabili dei propri cittadini.

Attraverso questa atipica ricerca si è dimostrato che, grazie all’AI, la guerra è ora più accessibile: è possibile sfidare un avversario in enorme vantaggio numerico e difendere le proprie città e infrastrutture. Gaza, 2024. La storia stavolta è un po’ diversa, si direbbe sfuggita di mano. La lezione, oggettiva, è che, grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale (due, questa volta, Gospel e Lavender), sia possibile identificare un numero di target esponenzialmente superiore ai sistemi tradizionali: 100 al giorno contro 50 all’anno – “un’opportunità senza precedenti”, grazie a un sistema efficace al 90%, solo laddove vengano forniti dati esatti per ottenere un modello attendibile, cosa che, in questo caso, non è successa, portando a “danni collaterali” eccezionalmente elevati anche rispetto alle guerre condotte dagli Stati Uniti in Iraq, Siria e Afghanistan. Dall’inizio del conflitto, a ottobre 2023, a Gaza sono morte più di 34mila persone, di cui il 95% civili, più del 70% donne o bambini. L’accuratezza stimata al 90% si è attestata, in realtà, attorno al 25%.

Trial & Error: commettendo errori, così viene allenata l’AI. Sbagliando, così si fanno le “rivoluzioni”, almeno quelle digitali. Siamo di fronte alla possibilità di utilizzo di mezzi sempre più potenti e sofisticati che, in assenza di regolamentazioni, possono, troppo facilmente, condurre ad atti di supremazia predatoria.

Infodemia e Manipolazione dell’Informazione

La parola “infodemia” festeggia 20 anni e si fa un regalo: un mondo dove la verità sembra sempre più sfuggente. Il termine indica un’epidemia di informazioni, cioè un sovraccarico di contenuti e dati in cui ci orientiamo a fatica. E questo tsunami digitale minaccia di travolgerci ancora nei prossimi anni. Tecnologie come intelligenza artificiale, metaverso o blockchain, e fenomeni sociali come la transizione demografica e l’aumento di povertà e disuguaglianze, sono macro-forze di cambiamento già in atto oggi che produrranno impatti domani, con conseguenze anche per il giornalismo.

Facciamo un esercizio, proiettiamo il nostro pensiero avanti di 20 anni: come ci informeremo?

Immaginiamo un futuro in cui il giornalismo fornisce notizie fresche e accurate, mentre dedichiamo il nostro tempo a comprenderle e riflettere, non a “bonificarle” (debunking, fact-checking ecc). Pensiamo a un’informazione personalizzata, in cui sono le notizie a venire da noi, accompagnate dall’opportunità di conversare direttamente con chi le produce. L’intelligenza artificiale può diventare un maggiordomo digitale che ci serve le notizie di interesse. Non più richieste confuse sui motori di ricerca, ma flussi di informazioni verificate: un fiume cristallino in un paesaggio di dati inquinati.

Nuove piattaforme di fact-checking decentralizzate, alimentate da blockchain, possono diventare nuovi paladini della trasparenza e combattere le fake news con il potere della comunità. La verità può emergere non da un singolo ente, ma dal confronto collettivo (una sorta di Wikipedia “sotto steroidi”). Nel futuro ideale l’educazione mediatica non è più un optional, ma il fulcro nel curriculum di ogni studente. Nelle classi i giovani imparano a riconoscere le stelle nella notte, “studiando” le fonti in modi innovativi. In questo scenario, l’informazione non è solo un diritto ma un’esperienza immersiva che stimola mente e anima.

Il futuro ha tanti colori, può essere roseo ma con qualche area grigia. Infatti la sovrabbondanza di informazioni può trasformarsi in incubo. Deep-fake sofisticati possono incrinare persino le nostre convinzioni più radicate. Gli stessi algoritmi di personalizzazione, nati per liberarci dal rumore di fondo delle informazioni irrilevanti, possono intrappolarci in bolle informative, “echo chambers” dove l’unica eco è quella delle nostre stesse opinioni. Le grandi piattaforme d’informazione possono plasmare l’opinione pubblica. La manipolazione ai tempi dell’intelligenza artificiale può diventare un’arte infallibile, e ridurre noi poveri utenti a consumare notizie come patatine. Notizie personalizzate non solo per i nostri gusti, ma anche per i nostri pregiudizi.

Per muoverci tra questi scenari e capire che futuro vogliamo, e come realizzarlo, dobbiamo prepararci. Serve allenare la nostra immaginazione per renderla “strategica”. Come? Assumendo che il futuro non è scritto e non è uno soltanto, ma è aperto a scenari diversi. Esplorando le possibilità possiamo scegliere ciò che preferiamo e iniziare a determinarlo. Per evitare che l’informazione “su misura” diventi anche “camicia di forza” dovremo curare la nostra dieta informativa perché sia equilibrata, e non un fast food per la mente. Ancor prima di imparare a leggere le notizie, servirà imparare a discuterne con gli altri. Il futuro dell’informazione non è solo tecnologia ma anche confronto. E dissenso e dibattito sono il sale della democrazia. Pensiamoci come futuri “sommelier” dell’informazione, capaci di distinguere le sfumature di realtà in un calice di notizie. Fin dalla scuola dovremo imparare come raccogliere, valutare, produrre e trasmettere noi stessi informazione. Ogni giorno facciamo scelte che plasmano questo futuro: le notizie che leggiamo, le app che scarichiamo, le conversazioni che abbiamo. Ricordiamoci di ridere di fronte all’assurdo, di interrogare l’ovvio e di abbracciare l’incertezza: il futuro non esiste, ma può essere immaginato.

Bullet Executive Summary

L’intelligenza artificiale sta ridefinendo il nostro mondo, ma non senza rischi. La sua applicazione in ambito militare e informativo solleva questioni etiche e pratiche di grande rilevanza. Le Big Tech, con i loro enormi investimenti, stanno plasmando il futuro della tecnologia, ma anche la nostra società, spesso senza un adeguato controllo. L’AI ha il potenziale di migliorare la nostra vita, ma solo se gestita con saggezza e regolamentata in modo efficace.

Una nozione base di intelligenza artificiale correlata al tema principale dell’articolo è il machine learning, ovvero la capacità delle macchine di apprendere dai dati e migliorare le loro performance nel tempo. Questo è fondamentale per capire come l’AI possa diventare sempre più autonoma e potente.

Una nozione avanzata di intelligenza artificiale applicabile al tema è il reinforcement learning, un tipo di machine learning in cui un agente apprende a compiere decisioni attraverso prove ed errori, ricevendo feedback sotto forma di ricompense o penalità. Questo è particolarmente rilevante per l’uso dell’AI in ambito militare, dove le decisioni possono avere conseguenze estremamente gravi.

In conclusione, mentre ci avventuriamo in questo nuovo mondo dominato dall’AI, è cruciale ricordare che la tecnologia deve servire l’umanità, non dominarla. La regolamentazione e l’etica devono andare di pari passo con l’innovazione per garantire un futuro sicuro e giusto per tutti.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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